Le gallerie elicoidali di Piteccio

© Foto Marco Tolomelli

UN MODELLO DI INGEGNERIA ALL’ AVANGUARDIA

A cura di Marco Tolomelli

Una delle opere d’arte di maggior rilievo della ferrovia Porrettana è la galleria di Piteccio. Terza per ordine di lunghezza (dopo la galleria Appennino, 2.727 m e Pian di Casale, 2.622 m), si sviluppa interamente in curva e controcurva, formando una sorta di S, in costante ascesa del 23‰ in direzione Bologna.

La posizione geografica: essa ha inizio alla progressiva chilometrica 45+309, imbocco Sud presso la stazione di Piteccio e termina dopo 1.750 m alla progressiva chilometrica 47+059, imbocco Nord in località Fabbiana. Si tratta impropriamente di un’unica galleria in quanto, l’apertura delle due trincee di Castagno e Vignacci, avvenuta nel 1881, ha trasformato l’unica canna in tre gallerie, separate l’una dall’altra da queste finestre intermedie a cielo aperto, della lunghezza di circa 20 metri e profonde 30 dal piano montagna sovrastante.

Progetto e costruzione: progettata e costruita nella seconda metà dell’’800, la galleria di Piteccio può considerarsi un vero e proprio patrimonio di archeologia industriale, tuttora conservato e utilizzato; per superare il dislivello altimetrico in pochi chilometri di lunghezza, una soluzione ingegneristica che, negli anni a seguire, verrà adottata nella costruzione delle rampe e delle gallerie elicoidali del San Gottardo.

La sua evoluzione strutturale nella storia per i problemi esistenti (i tre tronconi, il ventilatore, l’elettrificazione): i primi anni di esercizio della strada ferrata fecero emergere numerosi problemi che, solo parzialmente, vennero risolti negli anni successivi. Primo fra tutti risultò il fumo delle locomotive a vapore che ristagnava all’interno del tunnel. Quando soffiava il vento, essendo l’orientamento degli imbocchi posto più o meno nella stessa direzione (per effetto del tracciato semielicoidale), l’aria entrava contemporaneamente in entrambe le “bocche”, spingendo il fumo all’interno della galleria anziché farlo fuoriuscire come avviene ad esempio in un tunnel rettilineo. Proprio per ovviare a questo inconveniente, nel 1881, la galleria fu divisa in tre tronconi, scavando la montagna in due punti fino ad intercettare, trenta metri sotto la terra, il tracciato ferroviario. Per i progettisti, questi due varchi a cielo aperto avrebbero dovuto fare da “camino”. Tuttavia anche questa soluzione si rivelò insufficiente. Ecco allora la costruzione negli anni successivi di un ventilatore, posto all’imbocco Sud, che spingeva aria pulita nella canna. Ma l’aria soffiata all’interno, una volta raggiunta la prima apertura, saliva in alto assieme al fumo, lasciando negli altri due tronconi di galleria il fumo ristagnante. Fu allora ricreata la continuità del tunnel, chiudendo con una copertura di lamiera le due trincee. La modifica rendeva più efficace l’attività di pulizia dell’aria nella galleria mediante ventilazione. Questa soluzione rimase in essere fino al 1927 quando, con l’elettrificazione della ferrovia, venne a cessare il problema-fattore fumo. Di conseguenza le lamiere furono rimosse.

La galleria idraulica di Vignacci e la scala di 30 metri con al di sotto la casa del sorvegliante: altra opera d’arte rimasta visibile ai giorni nostri e legata alla galleria di Piteccio è la galleria idraulica con la deviazione del torrente Castagno. Nel punto esatto ove venne scavata la trincea di Vignacci, c’era il letto del torrente e pertanto fu creata un’opera di deviazione del corso d’acqua che comportò la costruzione di muri di contenimento, canalizzazioni e gallerie artificiali in muratura per far scorrere l’acqua all’interno e riportarla nel suo letto naturale a valle della trincea.

Nella trincea di Vignacci è ancora presente al piano binari una piccolissima casetta in muratura, adibita ad alloggio del sorvegliante, tutta avvolta dal muschio che ricopre anche le pareti verticali della trincea. Qui sotto, a 30 metri di profondità, il sole non si vede quasi mai; per raggiungerla c’era una scala in sasso lungo una delle pareti, che scendeva dal piano montagna fino ai binari. Ora la scala non esiste più ma si intravede ugualmente una diagonale “disegnata” in questa parete dove un tempo erano incastonati i gradini.

Oggi, percorrendo la linea in treno, dentro al tunnel di Piteccio, il viaggiatore attento si troverà all’improvviso a passare dal buio della galleria alla luce naturale per poi ripiombare un attimo dopo nell’oscurità, questo per ben due volte. Guardando in alto, fuori dal finestrino, si intravede per un attimo l’azzurro del cielo. Questi due strappi di cielo sono le due trincee di Vignacci e Castagno. Esse testimoniano un passato glorioso, passato che grazie a queste opere d’arte, rimaste intatte dopo 154 anni, possiamo ancora oggi raccontare.


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