La farina di castagne

© Foto Gianni Torri

DESCRIZIONE

La ricchezza dei castagneti locali consiste principalmente nella varietà di specie innestate ad altitudini diverse a seconda del tipo di pianta. Pastenesi, Ceppe, Neratine, Grossole, Calleresi sono le varietà più comuni nell’Appennino Tosco-Emiliano ed è l’insieme di questa loro preziosa biodiversità a fare la farina più dolce e più duratura.

Il lavoro del castanicoltore inizia con la pulizia e la manutenzione del castagneto. Pur essendo piante assai robuste i castagni hanno periodicamente bisogno di potature e manutenzioni affinchè possano essere sane e vigorose al momento della fioritura.


LA PRODUZIONE DELLA FARINA DOLCE

Circa dalla prima metà di Ottobre inizia la raccolta che si protrae solitamente fin quasi alla fine di Novembre. La raccolta viene fatta manualmente con panieri ed il solo ausilio di rastrelli appositamente costruiti in paese, che permettono di togliere le foglie e i cardi dal terreno lasciando solo le castagne.

Una volta raccolte, le castagne fresche vengono misurate con la quartina (unità di misura di circa 10Kg), che permette di misurare correttamente il volume delle castagne dal quale si ricaverà alla fine, la terza parte di resa di prodotto secco. Sistema molto affidabile quello della misura, poichè permette una redistribuzione finale assai precisa e proporzionale alla raccolta. Tre quartine fanno un bigongio e otto bigongi fanno una corba.

In maniera variabile a seconda dell’annata, il rapporto tra prodotto fresco e prodotto secco è di tre a uno ovvero : per ogni bigongio di castagne fresche ne verrà restituita una quartina di secche. Dopo essere state misurate volta per volta le castagne vengono riposte bigongio dopo bigongio, nel caniccio (seccatoio o metato, originariamente chiamato canniccio per via delle stecche disposte a cannicciato sulle quali si stendevano le castagne), che consiste in una struttura a due piani dove al piano inferiore brucia un fuoco lento di legno di castagno e in quello superiore vengono distese omogeneamente le castagne. Ogni buttata consente di mettere nel caniccio fino ad un massimo di cinque corbe per volta alle quali è necessario un periodo di un giorno per corba affinchè siano asciutte. Il sesto giorno quindi è possibile fare una seconda buttata e aspettare nuovamente un giorno a corba perchè siano tutte completamente di nuovo asciutte.

Dopo l’ultima buttata le castagne cominciano a seccare e dopo circa due settimane vengono girate per permettere allo strato superiore di seccare come quello sottostante, più vicino al fuoco. Dopo circa quaranta giorni in caniccio a fuoco lento e costante le castagne sono pronte per essere ripulite e vagliate. E’ il momento della battitura effettuata con una speciale macchina che scuotendo le castagne, le separa dalla buccia secca, la sansa, che sarà utilissima l’anno successivo per moderare il fuoco nel caniccio; sistemata infatti poco alla volta sulla legna che arde, la sansa ha la proprietà di far covare il fuoco e mantenerlo vivo per molte ore senza che la fiamma bruci le castagne.

Dalla macchina le castagne passano ai vagli, lunghi tavoli provvisti di fori, attorno ai quali più persone si adoperano a cernere le migliori. Gli scarti saranno, con moderazione, ottimo alimento per gli animali.

L’ultima fase della lavorazione si svolge al mulino, dove le castagne secche vengono macinate a pietra per diventare squisita farina dolce, necessità e virtù dell’Appennino.