Gli acquerelli di Bill Homes

© illustrazioni Bill Homes

RITRATTI DI BORGHI D’ APPENNINO

Il modo di Bill di vedere le cose e di ritrarle lascia un segno indelebile in tutti coloro che lo imparano a conoscere e che ne osservano le opere. Lui è infatti capace di vedere dove noi tutti abbiamo guardato ma non abbiamo visto: un particolare apparentemente insignificante, un arco ricostruito, che nel disegno ritorna ad avere la sua funzione originaria, una porta oramai chiusa da decenni che nella sua rappresentazione torna ad aprirsi ed a mostrare la sua funzione originaria, quasi sospesa in un tempo ideale e quindi fissata nella sua funzione in qualche modo archetipica.

Di solito Bill ritrae in modo quasi fotografico, perché le sue case o le sue chiese sono ricostruite minutamente, fino a ritrarre i mattoni e le pietre che le compongono, ma d’altro canto sa evidenziarne l’anima, il motivo più profondo che spinse il costruttore a realizzarle in quel modo. Quindi anche i materiali assumono un’importanza vitale, dal legno, alla pietra, al mattone per concludere con gli splendidi marmi bicolori, “zebrati”, delle chiese romaniche pistoiesi.


   


Recentemente Mauro Mazzali, direttore dell’Accademia di Bologna, introducendo una mostra di Bill ha così sintetizzato questo particolare modo di procedere: i temi prediletti da Bill si intrecciano nella nostra mente come cose viste più volte, ma mai notate fino in fondo, e ancora: per questo lo ringraziamo, per la sua sensibilità e la sua anima attenta che ci fa capire ciò che già conoscevamo. Appunto ciò che già conoscevamo, ciò che per noi era tanto abituale da apparire scontato, mentre in realtà se guardato con occhi curiosi, attenti e direi amanti, svela un’enorme abbondanza di significati.

Bill poi, per certi aspetti, è prima di tutto un tecnico che segue, anche nel disegno acquerellato, precise regole. Ma dopo la realizzazione le sue opere appaiono ai nostri occhi come opere d’arte, anche perché in molti casi l’oggetto viene isolato e spesso quasi naviga nello spazio, per essere osservato con occhi diversi. E qui mi viene da rilevare che l’osservare di Bill è lento, poiché passeggiando per individuare i suoi soggetti egli procede lento pede, come avrebbero detto i latini. Ma aggiungerei anche lento oculo e lenta mente. Il camminare lento permette di vedere ciò che non si era visto o ciò che molti non vedono.

Così in montagna o in città, anche l’ultima pietra diviene degna di essere ritratta e messa in valore, come dimostrano i tanti volumi che Bill ha pubblicato in questi anni, tutti riferibili al territorio che separa, e soprattutto unisce, la Toscana col versante settentrionale dell’Appennino. Questo è davvero il luogo dell’anima di Bill, dove ha vissuto interi anni, alcuni anche d’inverno, dove ha comprato casa e dove ritorna ogni anno per vivere qualche mese fra di noi. Non per nulla il Comune di Grizzana Morandi, un ente pubblico che nel nome mostra uno dei grandi temi dell’arte in montagna, gli ha concesso la cittadinanza onoraria, un concittadino davvero tosco-emiliano e sicuramente anche un po’ montanaro.

L’atteggiamento di Bill verso queste pietre, montane e cittadine, è splendidamente sintetizzato nel titolo che egli scelse per il suo intervento al convegno Una montagna di pietra e di legno, una frase dell’architetto Louis Isadore Kahn: «I asked the brick what it wanted to be and it said – an arch». Che tento di tradurre: «Chiesi a un mattone che cosa avrebbe voluto essere, ed egli mi rispose – un arco».